William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato, mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita, per quasi quarantanni è infelicemente sposato alla stessa donna, ha sporadici contatti con l'amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo, per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. Come riesce l'autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti. (Dalla postfazione di Peter Cameron)
La nostra recensione
Una moglie psicopatica, se non peggio, monomaniacale, frigida, debole, mai violentata eppure sempre in preda alla sue violenze. Sostanzialmente non soddisfatta, di quelle che che gridano, si arrampicano sugli specchi, nascondono. Colleghi sanguisughe, vendicativi, ambiziosi a tutti i costi. Un mondo come tanti altri, come tutti gli altri mondi, ovvero duro, ostile, cinico, crudele. E sogni, tanti piccoli grandi sogni che si sgretolano al minimo contatto con il reale. Non si può vincere, davvero. Al massimo pareggiare. Stoner è nato dalla campagna, intesa in senso buono, genitori dediti al semplice, ineluttabile ciclo delle stagioni e dei raccolti. Nati per sopravvivere insomma. Li ha traditi, se vogliamo, quei due soldi dati per l'università non lo porteranno ad essere un tecnico dell'agricoltura, ma un mesto ministro della Letteratura, quella cosa cui tutti aspirano, di cui tutti hanno sentore ma che non produce né crediti né debiti, soprattutto è avara di stipendi. Tutto questo mentre gli Usa vanno in guerra, è scoppiato il primo conflitto mondiale perché laggiù in Europa hanno deciso di scannarsi in nome di chissà cosa. Bisogna combattere in nome della giusta e vincente democrazia. Che poi tutto non sarà così. Va bene, lui lo sa. O arriverà a saperlo. Gli uomini normali (anche le donne) ci arrivano dopo, molto dopo.
Sono grigi gli sguardi, gli occhi, i sorrisi, le parole. Diventa grigia l'aria, il colore dei mobili, si ingrigiscono i pensieri, le paure ed altri sentimenti vari ed eventuali. Non c'è spazio, per altri colori, pare. Lui lo sa, combatte, vince, perde, insomma, diciamocelo, VIVE. Tutto nell'ambito variegato, multiforme e, al di là del velo squarciato, sorprendente, che oscura la sua vita e quella degli altri. Perché tutti alla fine, siamo stati un po' Stoner, oppure stonati, tutti a lungo, per un attimo, o magari per tutta l'esistenza. E solo seguendo passo passo le sue vicende capiamo che sì certe volte ne è valsa la pena, altre no. "Stoner" di John Williams è uno di quei libri che misteriosamente dimenticati all'uscita, ma che hanno avuto una meritata e stupefacente gloria decenni dopo. A dimostrazione che le scritture di qualità non hanno una scadenza temporale come i prodotti preconfezionati.