Protagonista della vita culturale milanese dagli Anni Venti del Novecento, animatore di un circuito artistico che comprendeva un club, e attorno al club una rivista, e un teatro e un cinema, una libreria e una casa editrice, Enzo Ferrieri fu soprattutto un uomo di teatro e di spettacolo, una specie di prototipo, tra le due guerre, di quello che saranno Strehler e Grassi, al centro di una trama smisurata di contatti. Visi, episodi, eventi, ricordi accumulati che, sul "Corriere della Sera", dal 1964 alla morte, riversò in colonnine per la Terza pagina. Quelli che chiameremmo 'elzeviri' perché contengono rapidi lampi, concentrati e divaganti intorno a un singolo elemento che illuminano però uno spunto di critica espressa con lieve umorismo. Ma sono in realtà ciascuno capitoli di un'unica memoria, di un'autobiografia raccontata attraverso i ritratti altrui. Da Chaplin a Memo Benassi, da Eleonora Duse, a Ruggieri a Melato, Svevo, Malaparte, Gide, Ermete Novelli, i primi 'spirituals', il primo cineclub: immagini di una stagione e di una fervente vita cittadina, tanto da poter dire che in effetti l'autobiografia che Ferrieri delinea seguendo il filo della sua memoria, diventa quella di un'epoca e di una città.