Il debutto ufficiale di Ana Blandiana cade a metà degli anni sessanta, decennio in cui, come ha notato uno dei maggiori studiosi del Novecento romeno, Ion Pop, si ha un'autentica "esplosione lirica". La constatazione è senz'altro fondata se si considera che nei quindici anni che erano preceduti - efficacemente indicati nella storiografia letteraria romena con il sintagma "ossessivo decennio" - si era affermata, in campo artistico, la dittatura del realismo socialista. Liricità, orfismo, espressione dell'io non avevano più avuto spazio fra le tematiche progressive legate al mondo rurale e operaio, promosse e di fatto imposte dall'egemonia "proletcultista": la poesia pura fu dunque ascritta entro le categorie del revisionismo e dell'individualismo antisociale. E così venne pure rimossa o, meglio, programmaticamente occultata la grande stagione della poesia romena interbellica, che aveva visto affermarsi importanti voci di rilievo europeo: dal lirismo simbolista di George Bacovia al concettismo ermetico di Ion Barbu, all'espressionismo filosofico di Lucian Blaga fino al simbolismo grottesco di Tudor Arghezi (il primo a venire riabilitato, a partire dal 1955, in nome anche di un suo rinnovato impegno socialista...) (Dalla 'Nota' di Bruno Mazzoni).
Sul frontespizio: Con "La poesia, tra silenzio e peccato". Un saggio di Ana Blandiana.