Qualcuno ha detto vivi la vita e loro lo hanno fatto. Due grandi amiche impegnate in una fuga disperata attraverso il sud ovest degli Stati Uniti dopo un tragico evento accaduto nel parcheggio di un bar. Con un determinato detective alle calcagna, un suadente autostoppista sul loro percorso e una sfilza di crimini alle spalle, il loro viaggio oscilla tra una corsa sfrenata e gioiosa e una vera e propria odissea a cui metterà fine l'arrivo della legge.
La nostra recensione
Thelma è interpretata da Geena Davis; Louise è interpretata da Susan Sarandon. Una casalinga e una cameriera frustrate si trasformano un po' per gioco e un po' per caso in una coppia di Bonnie & Clyde tutta al femminile: rinnegano famiglia e lavoro, vendicano il proprio sesso dagli assalti del maschilismo becero, macinano chilometri e poliziotti, e alla fine... alla fine la vita è un abisso in cui bisogna gettarsi. Questo film anarchico-femminista che si conclude nel Grand Canyon dei western di John Ford è il vero, primo e quasi unico western al femminile, diretto da uno specialista di cinema d'azione maschile ma scritto in effetti da una donna, l'esordiente Callie Khouri. Thelma e Louise sono donne cowboy, sempre più libere e sole, in groppa alla loro automobile-cavallo: attraversano l'America in cerca e in difesa della propria libertà e chiudono la propria orbita con un tuffo nel vuoto come quello di Jules e Jim e con un fermo di fotogramma finale come quello di Butch Cassidy.
Due amiche, una pistola, la strada. Combinazione squisitamente maschile come pure il teatro dell'azione, il deserto dell'Arizona, posto da cowboy. Non importa se in questo film muoiono tre persone e solo una è uomo. Si tratta di un'imperdibile lezione per le donne, che se proprio non se la sentono di andare fino in fondo possono metaforizzare il finale. Il primo insegnamento è che bisogna sempre coltivare almeno un'amicizia vera, di quelle che all''occorrenza rischiano per te la sedia elettrica. Il secondo, che prima o poi arriva sempre il giorno in cui è indispensabile partire. (Avere in garage una Thunderbird decappottabile del '66 aiuta. Aiuta anche ritrovarsi accoppiate con maschilisti presuntuosi o teneroni inaffidabili da abbandonare con il frigo vuoto). Terzo punto: non è che fuori dalla cucina sia tanto meglio. Mettere in conto il rischio di incontrare persino nel mezzo del nulla individui accecati dal testosterone (lo stupratore da birreria, il camionista libidinoso, l'autostoppista disonesto che non sempre ha la faccia di Brad Pitt). Quarto: la corsa verso la libertà prevede una progressiva spoliazione (trucco, convenzioni, in casi estremi la vita stessa). E ultimo: alla fine del viaggio ci si ritrova spesso sole con un sogno terminale. Non è poco. È il sogno che determina la scelta anche quando sembra che scegliere non sia più possibile. (Recensione tratta dal libro Chick film di Enrico Giacovelli e Viviana Ponchia, Morellini editore).