Veneto, Friuli e Trentino, aree geograficamente distinte di quello che in Italia molti chiamano oggi Nordest, hanno parecchi tratti in comune. Trentini e veneti usano dialetti assai somiglianti fra loro e non troppo distanti dalla parlata friulana, considerata invece da molti specialisti una lingua a sé stante. Pur con frequenti sfumature o differenze areali e provinciali anche assai marcate, essi esibiscono comunque, tendenzialmente, attitudini conservatrici assai simili e a lungo intrecciate con le posizioni del clero e della Chiesa e senz'altro condividono tutti una stessa storia di emigrazione, sia temporanea che, da un certo punto in avanti, "permanente". Questo libro ne racconta le fasi salienti e gli aspetti più caratterizzanti - nonché le molteplici conseguenze - attraverso ricerche mirate, svolte fra il 1979 e il 2023, che prendono in considerazione i presupposti in età moderna dei principali esodi da lavoro, certi antefatti "coloniali" ottocenteschi e le grandi migrazioni del Novecento in chiave demografico-economica e sociale. Lao studio è condotto attraverso l'analisi di alcuni casi esemplari e sfruttando le letture che ne furono date da generazioni d'interpreti e di studiosi, oltre che di protagonisti (come i friulani Cosattini e Zanini o i trentini Guetti e Battisti) nonché da poeti e scrittori, come Zanella e Barbarani, Salgari e Sgorlon, Meneghello e Rigoni Stern e altri. Uno sguardo particolare - e del tutto inedito - viene poi riservato alle scelte "nazionali" degli emigranti (in particolare veneti e trentini) in Brasile durante il primo conflitto mondiale e, poco più in là, alle esperienze, fatte soprattutto dai veneti, nella colonizzazione di regime dell'Agro Pontino in epoca fascista.