Secondo George Steiner l'Europa è innanzitutto un caffè pieno di gente e di parole, in cui si scrivono versi, si cospira, si filosofeggia e si pratica la conversazione civile. Steiner è tormentato dal sopravvivere anche ai giorni nostri di ciò che chiama l'incubo della storia europea: l'odio etnico, lo sciovinismo nazionalista, i regionalismi sfrenati e la resurrezione dell'antisemitismo. Ma anche dall'omologazione culturale verso il basso derivante dalla globalizzazione, che sta cancellando la grande varietà linguistica e culturale che era il patrimonio migliore del vecchio continente. La frase più dura di tutto il libro è una protesta contro la banalità e la volgarità dei prodotti culturali di consumo: "Non è la censura politica che uccide la cultura: sono il dispotismo del mercato di massa, le ricompense di una fama commercializzata".