In una città non detta, che però riconosciamo benissimo, alla fine del secolo scorso arriva dal Piemonte Gio Magnasco. Uomo silenzioso, uomo delle viti e dei chiodi fin dall'infanzia, pare che trovi, se non il punto debole, il punto mobile sia della materia sia degli uomini, e subito ne scopre il segreto. Mente diversa, cuore diverso, Gio Magnasco è signore delle connessioni e delle giunture, dei nodi di corda e dei nodi di ferro, cioè i bulloni. Ha un modo traverso di ragionare e di parlare, quello degli "avvisi", cartelli e scritte che lascia dappertutto: "Cose inutili ma solo mie", "Bussare adagissimo", "Maniglia a doppio senso". Nei cantieri di Federico Maria Perrone, costruttore di navi, strade e futuro, lavora con uomini violenti ed esatti; qui mette in forma la prima delle sue molte invenzioni, una rotaia a cerchio chiuso sotto chiglia, per accelerare la costruzione del transatlantico Principessa Mafalda. Cuore diverso, si innamora della figlia di Perrone poiché nella vita, come nelle viti e nelle serrature, è sempre questione di maschio e di femmina; quando lei si spoglia per lui - unico atto di passione che vivrà di memoria e sogno - anche i bottoni bianchi del suo corsetto gli appaiono ribattini del corpo, cerniere di lacci, smisurati come la ferrovia che costruirà più tardi in Sudamerica, come l'elaborata nostalgia che porterà sempre con sé. Ogni viaggio una soluzione - l'enorme filaccio di biancheria per raddrizzare il fumaiolo del Mafalda, oppure lo stand mobile per la fiera internazionale africana - e quando, nella città non detta, aprirà un negozio con la moglie Gina, sarà un negozio di ferramenta e di nastrini per signora, bottoni e bulloni calati da un bancone a saliscendi dal soffitto. Ciò che Ernesto Franco racconta, con una scritta dai toni leggendari e poetici, è una sintassi del fare e dell'amare. Ma anche dell'essere sconfitti. Perché c'è sempre qualcosa che non funziona, magari una cosa piccola, come la piccola vibrazione interna [...]