Nel 1940, a soli 44 anni, Francis Scott Fitzgerald muore per un attacco di cuore. Zelda Sayre, sua moglie, perde la vita otto anni dopo nell'incendio della clinica psichiatrica in cui è ricoverata. Erano "la coppia di un sogno dell'età del jazz": entrambi di estrazione borghese, belli e di talento, affamati di vita e di emozioni, volevano realizzare il sogno americano di fama e ricchezza. Per un pò ci riuscirono. L'America stava vivendo i "roaring twenties", l'epoca che tentò di esorcizzare lo spettro della grande guerra con un vitalismo sfrenato e una sconcertante libertà di costumi; erano gli anni delle "maschiette" dai capelli finalmente corti, del proibizionismo, dell'automobile e delle facili fortune. Il primo romanzo di Fitzgerald, "Di qua dal paradiso", diventò immediatamente il culto di una generazione. La coppia cominciò a vivere una vita di gran lusso e mondanità, fra amici come Ernest Hemingway, John Dos Passos, Edmund Wilson, Ring Lardner. Zelda viveva nei personaggi femminili di Scott, con la sua sensualità aggressiva, la sua istintiva anticonvenzionalità, il suo estro disordinato. Avrebbe voluto scrivere, danzare, dipingere. Ma non riuscì a realizzarsi in nessuno di questi campi. E lui in qualche modo la ostacolò, incitandola contraddittoriamente a rendersi autonoma e ad assoggettarsi al suo talento di molto superiore. Questa spinta ambigua contribuì alla lacerazione della fragile psiche di Zelda. I suoi crolli nervosi, l'alcolismo di Scott, gli eccessi di entrambi, la spietata concorrenza in campo letterario all'interno della coppia, ormai non più "di sogno", fermarono bruscamente l'ascesa verso il sogno stesso. Le incomprensioni, le gelosie, la lontananza dovuta ai sempre più frequenti ricoveri di Zelda, li portarono a separarsi. Scott continuava la sua lotta senza tregua contro il problema dell'alcol e contro i debiti, malgrado il successo letterario dei romanzi che seguirono. E la loro vita, trasfigurata nei personaggi di "Belli e dannati", [...]