Undici capitoli per undici episodi della sua vita, dalla bambina che divora i libri in Ungheria alla scrittura dei primi libri in francese. L'infanzia felice, la povertà del dopoguerra, gli anni di solitudine in collegio, la morte di Stalin, la lingua materna e le lingue nemiche (il tedesco, il russo e in un certo senso anche il francese), la fuga in Austria e l'arrivo a Losanna, profuga con un bebè.
In questo racconto autobiografico, Agota Kristof (1935-2011) ci narra la sua vita dallinfanzia alla maturità, scandita dagli eventi storici e politici che lhanno costretta a diverse esperienze di emigrazione, sacrifici, privazioni affettive ed economiche di forte impatto sulla sua stessa personalità di donna e di autrice.
Tutte le vicissitudini sono narrate con un ritmo serrato, quasi giornalistico, in cui sempre osservato in prima persona, lio autoriale si vede dallesterno ad elencare le proprie esperienze salienti, selezionate in una catena che diviene filo conduttore alla luce del grande passo, del risultato cui essa approda con fatiche fisiche e psicologiche enormi, tanto che pare quasi incredula nel constatare la sua attuale e finale condizione, la conquista di essere divenuta scrittore.
Il percorso narrato mostra le tappe traumatiche che in una sorta di moderno Bildungsroman, Kristof vive, dalla prima infanzia, quando la lettura è libertà e gioia, ai giorni in cui la scrittura diviene labbandono, la perdita, limposizione, lo sfogo nascosto di un dolore soffocante e non condivisibile delle luci spente nel dormitorio, dei commenti volgari dei ragazzi, delle ore scandite dai pasti e dalle lezioni nel collegio.
La vera frattura che segna per sempre la sua esistenza si avrà quando, nel 1956, per volere del marito scapperà con lui in Svizzera, in fuga dalle persecuzioni sovietiche, a Neuchatel, nella Svizzera francese, con il figlio ancora in fasce. La vita in Svizzera fatta di lavoro in fabbrica e impegni domestici, per crescere il suo piccolo, curare la casa e riuscire a non soccombere, tentando di integrarsi in un paese straniero, con una lingua ostica, e con il dolore rinnovato per labbandono, definitivo questa volta, della sua terra e dei suoi cari, le insegnerà ancora una volta a ricominciare, con una lingua nuova , in cui ritrovarsi, nuovamente analfabeta, a leggere e a poco a poco, a scrivere.
Oggi, la fine della storia, è il momento della constatazione, del respiro, dopo tanto dubitare, tanto ansimante soffocare, tanto reprimere, la conquista di un diritto, quello, se pur in una lingua-altra, di essere.
L'analfabeta. Racconto autobiografico
babipirate - 21/12/2005 15:10
4/
5
l'autrice in questo libro racconta la sua vita.. di come a quattro anni leggesse(in ungherese)''tutto cio che è a caratteri di stampa'', del collegio, della morte di Stalin, delle lingue nemiche..e di come dopo la fuga da un paese pieno di odio si ritrovi analfabeta..di fronte a una nuova lingua di uso comune,in un nuovo paese. BELLO! Mi ha piacevolmente interessato..non l'ho trovato dilungato, ma di poche parole: le essenziali..
anke se, all'inizio, mi aspettavo un libro completamente diverso, poichè il titolo mi aveva fatto tornare in mente ''LO STRANO CASO DEL CANE UCCISO A MEZZANOTTE''(il quale mi aveva coinvolto molto).
Federica Ceranovi - 21/05/2013 15:08
babipirate - 21/12/2005 15:10