Il 31 ottobre 1926, cioè alla data in cui iniziano queste memorie, Giovanni Ansaldo ha quasi trentuno anni ed è un giornalista arrivato; redattore capo del quotidiano socialista genovese "Il Lavoro", collaboratore della "Stampa" e, prima, della "Rivoluzione Liberale" di Gobetti e dell'"Unità" di Salvemini, è una delle belle penne dell'antifascismo; è ascoltato, rispettato, ricercato. Ma la sera di quel 31 ottobre la sua vita già avviata sulle rotaie del successo e della rispettabilità borghese subisce una svolta decisiva: credendosi braccato dai fascisti, Ansaldo si dà alla fuga, entrando in una peripezia che nel volgere di meno di un anno gli farà percorrere l'intero cursus honorum dell'antifascista: arresto, carcere, confino. La disavventura è però l'occasione per guardare a fondo in se stesso: e scoprire che l'opposizione non fa per lui, e che i valori per cui sta pagando non gli appartengono veramente. Lascinado il confino di Lipari, è già sulla via che lo porterà, anni dopo, all'adesione al fascismo. A queste pagine, scritte a caldo e rimaste inedite per oltre sessant'anni, Ansaldo ha confidato la cronaca di quell'anno turbinoso; in esse è non solo la storia di un'evoluzione politica, ma anche e soprattutto il vivacissimo reportage delle patrie galere di un grande giornalista. Con un'intelligenza ironica e autoironica, un occhio vorace di dettagli, una lingua sciolta e aguzza, Ansaldo, sbalzato controvoglia tra eroi e borsaioli, ci ha lasciato, in questo suo testo segreto, un indimenticabile "romanzo carcerario".