La tecnica, la ricchezza e la povertà, le migrazioni, la democrazia, l'ipoteca teologica sulle nostre menti: fra storia, politica, pensiero e autobiografia, Paolo Febbraro varia l'angolazione del suo sguardo con un candore tagliente e doloroso, accusando le distorsioni ormai invisibili e abituali, i vicoli ciechi di un tempo illusoriamente lineare. Fra ampiezza di vedute e parzialità consapevole, Febbraro non cerca una prospettiva "superiore", o una confortevole "oggettività", quanto piuttosto una precisione che confina col paradosso. Temi laceranti, e persino desolanti, vengono affrontati con l'energia di chi conserva il bisogno, e non più il diritto, di essere discutibile.