Tutto comincia in una colonia estiva, di quelle in cui i bambini andavano a passare le vacanze come si deve, ovvero in un'orgia di espiazione e sofferenza. Maurizio Milani era uno di quei bambini e le colonie le ricorda bene, ma solo con il passare del tempo ha capito che quel periodo estivo non era una punizione fine a se stessa, sebbene lo sembrasse parecchio. Era una via alternativa all'arte, ormai quasi dimenticata, dell'educazione dei fanciulli. Un approccio, per di più, che torna oggi di estrema attualità. A che serve in fondo educare i più piccoli? Meglio diseducarli, per renderli più pronti al mondo cinico, ignorante e scemo che affronteranno. Ed è qui che l'universo della colonia ha qualcosa da insegnarci, perché addestra a una vasta gamma di attività che torneranno utili nella vita adulta: lavarsi poco, abbandonarsi a scherzi di dubbio gusto e dispetti di indubbia crudeltà, mentire all'autorità costituita, fidanzarsi soffrendo. Per tacere del lavoro minorile e del ritrovamento di salme illustri, per esempio quella di Ippolito Nievo (poteva forse mancare?). Con questo «racconto autobiografico molto bello e completo sull'Esperienza che ci ha fatto diventare quello che siamo», Maurizio Milani ci conduce in un viaggio nell'infanzia più autentica: quella che non deve chiedere mai.