Un caffè al bar, una notizia di cronaca nera sul giornale, un nome che riaffiora dal passato e toglie il respiro. Enrico Vallesi è un uomo tradito dal successo del suo primo romanzo, intrappolato in un destino paradossale, che ha il sapore amaro delle occasioni mancate. Arriva però il giorno in cui sottrarsi al confronto con la memoria non è più possibile. Enrico decide allora di salire su un treno e tornare nella città dove è cresciuto, e dalla quale è scappato molti anni prima. Comincia in questo modo un avvincente viaggio di riscoperta attraverso i ricordi di un'adolescenza inquieta, in bilico fra rabbia e tenerezza. Un tempo fragile, struggente e violento segnato dall'amore per Celeste, giovane e luminosa supplente di filosofia, e dalla pericolosa attrazione per Salvatore, compagno di classe già adulto ed esperto della vita, anche nei suoi aspetti più feroci. Con una scrittura lieve e tagliente, con un ritmo che non lascia tregua, Gianrico Carofiglio ci guida fra le storie e nella psicologia dei personaggi, indaga le crepe dell'esistenza, evoca, nella banalità del quotidiano, "quel senso di straniamento che ci prende quando viaggiamo per terre sconosciute e lontane". Romanzo di formazione alla vita e alla violenza, racconto sulla passione per le idee e per le parole, storia d'amore, implacabile riflessione sulla natura sfuggente del successo e del fallimento, "Il bordo vertiginoso delle cose" può essere letto in molti modi...
La nostra recensione
Il bordo vertiginoso delle cose (titolo accattivante, tratto da un verso di Robert Browning) è il limite sul quale si mantiene quell’equilibrio assai instabile che noi, uomini fragili preda di ansie e speranze, cerchiamo affannosamente, soprattutto quando ci mettiamo in testa di fare un bilancio della nostra vita. Può avvenire per una sorta di impegno con sé stessi, oppure perché casualmente scaraventati di fronte ai ricordi di un passato che, avvolto nell’ovatta ingannevole dell’adolescenza, si pensava dolcemente depositato e risolto. Invece, per Enrico Vallesi non può essere così. La sua ricerca del passato - con quella spruzzata di noir che Gianrico Carofiglio non fa mai mancare - diventa una sorta di resa dei conti non prevista e quindi tanto più violenta quanto più necessaria, in cui vengono coinvolti affetti e passioni adolescenziali, famiglia, amici, la scuola (fremente e inquieta degli anni Settanta) e soprattutto quel pezzo di sé stessi che da laggiù ci scruta con aria di dispetto e rimprovero per le tante attese disattese, i sogni spezzati e i “talenti” sperperati. Carofiglio racconta, con una scrittura meditata e ficcante (l’uso inconsueto del “tu” scava in profondità), la storia incrociata del giovane Enrico, in cui esplodono le passioni, anche violente, della politica e dell’amore adolescenziale, e del maturo scrittore che è diventato, disilluso, piegato dal fallimento e travolto dalle parole che non riesce più a dominare e a controllare. Le parole, infatti, sono le grandi protagoniste di questo romanzo: quelle lette e quelle scritte in interminabili pomeriggi dal giovane Enrico sulla sua Lettera 22, quelle assorbite quasi in estasi dalla bocca della giovane e attraente supplente di Filosofia e quelle non dette, ingoiate dal buco nero della realtà con le sue leggi irrimediabili e definitive. Antonio Strepparola