"La vera peculiarità del mondo olandese non sta tanto nei singoli comportamenti o pratiche, quanto nel modo in cui essi si amalgamarono nella mentalità collettiva. I pittori olandesi lavoravano con gli stessi colori dei colleghi italiani e fiamminghi, ma in qualche modo il risultato finale fu molto diverso. Ed è proprio il modo in cui si giunse a quel risultato finale che mi interessa. Vi era qualcosa di speciale nella situazione olandese - nella sua fortuna e nella sua difficoltà - che la differenziava dagli altri stati e nazioni dell'Europa barocca: la precocità. Nell'arco di due generazioni l'Olanda era divenuta un impero mondiale, una formidabile potenza economica che si estendeva dall Tasmania alla Nuova Zemlja. Ma gli olandesi erano dei circumnavigatori claustrofobici. Tanto potere, tanta stupenda prosperità furono, alla fine, risucchiati nell'angusto spazio compreso tra la Schelda e l'Ems: un brulicante 'bijenkorf' (alveare) di nemmeno due milioni di persone. Sfruttare le ricchezze infinite dell'arte olandese - non solo tavole e tele, ma l'architettura, la scultura e l'abbondante arte decorativa su vetro, la ceramica e gli arazzi - sembra così naturale e talmente ovvio che è difficile concepire un qualsiasi tipo di storia culturale, per quanto ispirato all'antropologia, che le lasci da parte".