Ogni cultura ha predetto inutilmente la sua fine, noi stessi siamo figli di catastrofi altrui. Estinzioni di massa e colossali ecatombi del passato hanno infatti più volte segnato un nuovo inizio per altre forme di vita. La "catastrofe", intesa come resa dei conti finale con la storia, ci affascina da sempre perché soddisfa bisogni psicologici e vincoli cognitivi, magnificamente rappresentati dall'immaginario classico della fine del mondo interpretata come catarsi risolutiva, punizione, vendetta. Il 21 dicembre 2012 - presunto compiersi di un ciclo di calendario dei maya - segna ancora una volta l'avvicinarsi di una fine imminente. Telmo Pievani ci accompagna in un viaggio fino alla fine del mondo guidandoci attraverso le parole chiave dell'attesa: apocalisse, disastro, nemesi, estinzione. Tra scienza, filosofia e letteratura, un messaggio di umiltà evoluzionistica e di accettazione della contingenza della vita sulla Terra, per decidere che cosa fare quando anche questa volta il mondo non sarà finito.
La fine del mondo. Guida per apocalittici perplessi
stefano de bona - 20/11/2012 00:31
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La precisione e la gentilezza stilistica che lo contraddistinguono aiutano il prof. Pievani a liquidare in fretta le favole per creduloni sorte attorno alle presunte profezie maya riguardo al solstizio 2012, per dedicarsi invece a disegnare con tratto fermo un accurato affresco sui vari possibili significati di fine del mondo. Ma non si tratta affatto di didascaliche spiegazioni di argomenti cosmologici ed evoluzionistici: formano piuttosto una interessante cornice dentro cui, nellultima parte del libro, lautore sembra voler condensare con passione ma senza eccessi il nucleo filosofico della contingenza storica dellevoluzione umana (e non). Benché qui venga sussurrata e non gridata, di fatto la contingenza storica si scontra brutalmente e a voler bene ascoltare anche fragorosamente con il finalismo e lescatologia salvifica che innervano la plurimillenaria tradizione ebraico-cristiana. In alcune vibranti pagine di questo libro si ha la sensazione quasi fisica di spalancare la finestra sullimmensità del tempo geologico, assumendo consapevolezza della reale ed umile dimensione evolutiva della nostra specie, ma anche sentendosi scivolare in uno smarrimento totale. Per uscire dal quale il prof. Pievani propone ciò che per ora sembra purtroppo solo un sogno, quello di unetica laica solidaristica rivolta al futuro, che sia capace di valorizzare la libertà e la responsabilità derivanti da quella nuova consapevolezza. In questo senso, lambientalismo del futuro sarà la forma più alta di umanesimo, perché la Terra non è nostra proprietà, ma ci è data in prestito dai nostri figli. Queste pagine non sono dunque una mappa dettagliata per una marcia sicura, ma indicano almeno una direzione chiara e fortemente auspicabile per il futuro del genere umano. Nella speranza che non siano voce di uno che grida nel deserto ma seme che germoglia e cresce sempre più rigoglioso.
stefano de bona - 20/11/2012 00:31