Londra, 1869. Una sagoma informe giace sotto una tela di sacco lungo un molo del Tamigi, nel gelido vento di novembre. È il cadavere di un uomo di mezza età, in abiti da lavoro ma con mani troppo ben curate, da artista. E con un foro di proiettile nella schiena. Un barcaiolo l'ha trovato incagliato in un ammasso di corda e legno marcio. Il viso non è sfigurato, il corpo non ancora intaccato dall'azione dell'acqua: segno che è rimasto immerso solo per qualche ora. A quanto pare la vittima è un falsario, uno dei più abili nel riprodurre banconote, lettere, documenti. Condannato per una frode doganale, era evaso poco prima. Qualcuno l'ha fatto scappare al solo scopo di ucciderlo, forse per un regolamento di conti o per la spartizione di un bottino, o magari per metterlo a tacere per sempre. Ipotesi tutte verosimili eppure insoddisfacenti agli occhi di William Monk, comandante della polizia fluviale. Dietro le quinte si aggira un nemico mosso da un odio implacabile al quale lui non sa dare una spiegazione. La verità si nasconde forse nel suo stesso passato, inafferrabile oltre le nebbie dell'oblio. Allora, quando vengono meno i punti di riferimento, l'unica stella polare da cui lasciarsi guidare è il proprio istinto.