La poesia immagina il percorso di un io morente, dalle ultime stanze della vita fino al passaggio estremo, in uno scambio fitto di voci monologanti e dialoganti. Voci interne, mentali: di chi sta svanendo alla vita, di chi, attorno a lui (il padre, la madre, gli amici..), si sforza per sottrarlo all'evanescenza. La morte giovane("lurida" come poche nell'Aids) e il suo scandalo spingono ad entrare senza remore dentro il tabù per eccellenza, lasciate le paure e le ipocrisie, in un serrato confronto che dà addirittura nuova pronuncia (piana eppure decisiva) a sentimenti ed emozioni; e usando sempre il dubbio e l'incertezza come chiavi di accesso dentro il mistero. Il palpito del cuore e l'andamento più distaccato, appena un po' più neutro, del pensiero fanno la musica sincopata di questa "passione e morte" che scende con la leggerezza dentro il morire, per risalire dietro all'aria del respiro nel flusso stesso del vivere. E il "requiem" si è già trasformato impercettibilmente nel canto della vita, in virtù della sua partitura antimelodica, fatta coincidere con un ritmo insieme mentale e fisico, spirituale e corporeo, che dall'impronta e nel soffio riesce a far sentire tanto più possente perché aerea la certezza del futuro, la gioia che paradossalmente riposa dentro il lutto.