Un Trainspotting in versi, che in Italia non ha precedenti. Un libro sulla droga senza pietismi né moralismi, e segnatamente sull'eroina negli anni Ottanta. Intatte le atmosfere, gli echi del punk e del post-punk, in una scrittura priva di cedimenti e di cadute, nonostante la giovane età dell'autrice ai tempi della stesura; la scrittura si mantiene in equilibrio tra flash di vita vissuta e sperimentazione linguistica, senza cadere nel banale autobiografismo; riesce a darci il succo di un'esperienza estrema, la tossicodipendenza, e uno spaccato sociologico e culturale di un'epoca, delle sue comparse e protagonisti, con musiche, ambienti, con rigore e una sua eleganza. Privo di pentimenti e di rimpianti: il tossico ama la droga, si sa, se no non lo farebbe.
Il libro dell'oppio (1975-1990)
Anonimo - 30/08/2012 20:10
5/
5
L'eroina, protagonista di molte pagine, definita "regina delle droghe", non è sola, e le culture giovanili degli anni Settanta e Ottanta, il punk e il post-punk, la lontana cultura beat, fanno capolino in molte pagine di questa specie di diario allucinato in versi, che muove passi nel delirio, ma libero da moralismi e da tabù. Qui viene dichiarato l'amore incondizionato del drogato per la sostanza ("is my wife and is my life", come recitava la canzone di Lou Reed), la sua dedizione a un eterno presente di alterazioni chimiche che non lasciano temere il degrado, l'abiezione e la morte, e dove l'amore, il sesso, l'amicizia, pure presenti, di fronte al flash dell'eroina, devono cedere il passo...
Anonimo - 02/09/2012 22:25
Anonimo - 30/08/2012 20:10