Glauser è stato paragonato a il Simenon del commissario Maigret. L'editore in lingua originale di Zurigo lo presenta come "il Simenon svizzero". E l'investigatore creato da Glauser, il sergente Studer, a Maigret somiglia: è calmo, corpulento e lento, intuitivo e vagante, "nella media, ragionevole, trasognato". Del resto l'esattezza del confronto è confermata direttamente da Glauser. Nella "Lettera aperta sul romanzo poliziesco", pubblicata in appendice a questi dodici racconti - "lettera" che è una difesa delle ragioni del giallo realistico, non meno forte delle pagine di Chandler sull'argomento - Simenon è proclamato maestro e il commissario Maigret modello (sebbene si possa sospettare un eccesso di modestia in questa proclamazione di discendenza, essendo le nascite letterarie di Maigret e di Studer quasi contemporanee). Eppure, a leggere tutti i gialli di Glauser, e a leggere forse soprattutto questi racconti polizieschi in cui è sempre l'assassino in primo piano e sempre il doloroso confronto umano generato dal delitto, si ha l'impressione di una grande differenza. Dietro Maigret è quello che un filosofo chiamava "il mondo del felice". Dietro il sergente Studer s'indovina una percezione diversa del mondo, una visione che si vorrebbe dire tragica. "La rappresentazione dell'uomo e della sua lotta contro il destino" è il compito del genere poliziesco secondo Glauser, "far notare che esiste una differenza piccolissima, appena visibile tra l'uomo malvagio e l'uomo buono". E di questa piccolissima differenza - si capisce - è destino dell'uomo cadere in balia: per piccoli spostamenti di cause, coincidenze e circostanze: proprio nel modo esibito da quella stilizzazione del destino umano che è il delitto.