Pio Vivadio, meccanico di Riccione, la pensa come tutti: è un grande onore che Mussolini abbia scelto proprio la loro cittadina per la villeggiatura con la famiglia, c'è di che esserne entusiasti... anche perché da quando c'è «Lui» l'entusiasmo, in Italia, è obbligatorio. Ma al senso pratico dei romagnoli non sfugge che quella presenza è una tremenda fregatura: lo sanno bene i proprietari dell'albergo accanto alla casa in cui risiede il Duce, che si son trovati le finestre di tutta una facciata murate, per evitare sguardi indiscreti. Per tacere del giovane campione di tennis che ha avuto l'ardire di giocare contro il grand'uomo e batterlo... Tutto questo, però, non è nulla in confronto a ciò che capita a Pio: il 10 giugno 1934, gli agenti dell'OVRA lo prendono senza dare spiegazioni e lo portano nello scantinato della Casa del fascio in viale Ceccarini. Non ne uscirà per nove anni. A causa della sua incredibile somiglianza con Mussolini, infatti, viene costretto a prestarsi come controfigura per gli eventi a cui il dittatore non ha voglia di partecipare. Pio si ritrova così a inaugurazioni, concerti, persino a Roma per una trasferta in cui finirà a dover tenere uno storico discorso, ma viene anche massacrato di botte e olio di ricino ogni volta che esce dal seminato. Come tende a fare per un motivo in particolare: la f... diciamo, l'amore. Fino al giorno in cui cade il fascismo e tutto esplode: letteralmente. In una Romagna del ventennio ricostruita alla perfezione, va in scena una commedia dal ritmo inarrestabile, che alterna avventura e amore, satira e ricostruzione storica. Nell'interpretazione originale e irriverente di Cevoli, il fascismo rivive, sì, ma come farsa.