Con ogni probabilità furono i due più grandi schermidori di tutti i tempi, i fratelli Nedo e Aldo Nadi. Due fratelli che, come è per buona tradizione romanzesca, non potevano essere più diversi. Uno, Nedo, uomo dal carattere austero, perfino moralista, padre di famiglia affidabile e corrucciato. L'altro, Aldo, estroverso, guascone, donnaiolo impenitente, giunto addirittura a Hollywood, dove morì dopo aver fatto l'attore e il coreografo delle scene di duello di numerosi film. Nei fratelli Nadi, nelle parabole delle loro vite che attraversano decenni cruciali della vita del Paese, Geminello Alvi vede due aspetti tipici, eterni dell'italianità, due opposti ma complementari atteggiarsi del carattere nazionale. Alvi è capace di restituire con acuta sensibilità mimetica sia l'afflato epico delle leggendarie sfide con i francesi e gli ungheresi sia gli aspetti più miseri e gretti della vita quotidiana; di svariare veloce dalle atmosfere asfittiche della palestra di Livorno in cui il padre Beppe allenava quei suoi figli miracolosi con inflessibile disciplina, alla 'grandeur' di un mondo di duelli in cui la spada incarnava ancora in pieno i valori di un passato aristocratico e sprezzante. Il risultato è una storia vera con tutte le caratteristiche del romanzo, anzi del più romanzesco dei romanzi, quello nelle cui pagine gli incontri d'amore s'alternano con il rotolare dei dadi e l'incrociarsi del ferro delle armi.