A 18 mesi legge il New York Times, a 4 anni impara da solo greco e latino, a 6 memorizza all'istante ogni libro che sfoglia, parla dieci lingue e ne inventa una nuova, il vendergood, e dopo aver scritto saggi di matematica e astronomia presenta undicenne a Harvard la sua teoria sulla Quarta dimensione. Vissuto tra New York e Boston nella prima metà del '900, figlio di immigrati ucraini di origini ebraiche, William Sidis è stato non solo un bambino prodigio, ma una delle menti più eccelse di ogni tempo, con il quoziente intellettivo più alto mai misurato. Come può un simile talento, che avrebbe dovuto contribuire come nessun altro al progresso del sapere umano, sparire senza lasciare traccia nella storia? In questo romanzo Morten Brask ricompone i mille volti del genio e il vero volto di un uomo condannato dalle sue stesse doti a essere tagliato fuori dalla società, emarginato come tutti i diversi. Billy cresce come uno "scherzo della natura", perseguitato dalla stampa, rifiutato dai coetanei, soffocato dalle pressioni del padre psichiatria che lo usa per i suoi esperimenti sul cervello. Ma Billy è anche un idealista che traduce agli immigrati gli ideali bolscevichi, un pacifista "scientifico" perché nessuna guerra della storia ha mai risolto un problema. Se è vero che per ognuno esiste una vita perfetta, quella di Sidis è una ritirata dietro le quinte con i suoi unici compagni di viaggio: il desiderio di libertà e il destino di solitudine di chi nutre un amore incondizionato per il mondo e la conoscenza.
La recensione del libraio
Chi è William Sidis? Un bambino prodigio che a un anno parla un inglese perfetto, a un anno e mezzo legge tranquillamente il New York Times, a quattro capisce e parla il Latino e il Greco antico, a sei anni arriva a conoscere altre sei lingue, a 8 anni scrive libri di matematica e tiene lezioni, a 11 viene accettato ad Harvard e a 12 i più rinomati matematici americani ascoltano le sue rivoluzionarie teorie. Come mai un uomo così non è passato alla storia come uno Stephen Hawking? Un Leonardo da Vinci? Un Einstein? Perché ha vissuto tutta la sua vita da emarginato prima per colpa dei suoi coetanei, poi per colpa degli studenti più grandi di lui che lo vedevano come una minaccia e alla fine per colpa dei suoi genitori che per evitare una condanna penale lo rinchiudono in un sanatorio. Lo fanno sentire e/o si sente sempre fuori posto, da piccolo è un fenomeno da circo con il crescere la sua intelligenza diventa irritante per chi, più grande di lui, deve ri-trovarselo come professore e insegnante. Interessante come l’unica persona che sia riuscita a stargli accanto, ad essergli amico, confidente e dargli un po di affetto sia stato un altro emarginato Nat Sharfaman.