L'incontro casuale in un garage di Cape Town tra una ricca ragazza bianca e un giovane arabo, colto ma povero, mette in moto una serie di eventi inimmaginabili. Abdu, l'uomo del garage, si chiama in verità Ibrahim ibn Musa. E' immigrato illegalmente in Sudafrica da un misero paese africano con una laurea in economia. La ragazza è Julie Summers, insofferente al proprio ambiente privilegiato ma culturalmente ristretto. La loro relazione è sostenuta all'inizio da una forte attrazione sessuale che è quasi l'unico linguaggio comune tra due mondi assolutamente diversi. Ma la loro storia si rafforza al punto che, quando le autorità obbligano Ibrahim a tornare nel suo paese, Julie sorprende la famiglia, gli amici e soprattutto se stessa decidendo di seguirlo. In una piccola città sommersa dalla polvere e circondata dal deserto, Julie lotta per essere accettata dalla sua nuova famiglia musulmana. Ibrahim, intanto, continua a lottare per emigrare ancora, verso gli Stati Uniti. Quando finalmente arriva il momento della partenza, la scelta di Julie sarà ancora una volta sorprendente: decide infatti di restare. Con questo nuovo romanzo, Nadine Gordimer indaga le ragioni dell'amore, esplora l'incontro tra culture diverse e racconta la condizione dei disperati, privati di ogni certezza.
Cape Town, Sud Africa. In una sudicia officina avviene l'incontro tra Julie Summers, bianca, di ricca famiglia, giunta lì per riparare la propria auto, e il nero Ibrahim ibn Musa, meccanico per caso, immigrato clandestino da un paese sperduto dell'Africa. Tra i due nasce una relazione vivamente candeggiata dalla ragazza, perché lei ama andare controcorrente, contro la propria famiglia, vede la sua vita come una continua avventura. Ibrahim all'inizio rimane molto sulle sue, è chiuso nei propri sentimenti, stenta a raccontarle della propria vita e da dove viene. Non apprezza nemmeno molto quando Julie lo invita a far parte del suo gruppo di amici, che ogni giorno si incontrano in un bar a discorrere della vita, dei suoi problemi, dell'uguaglianza tra bianchi e neri, del problema dell'AIDS (di cui un loro amico è affetto). Ibrahim non sa veramente se lei lo fa per amore o solo per mettersi in mostra. Quando però le autorità del posto ingiungono al ragazzo di tornare al suo paese perché hanno scoperto che è un clandestino, Julie decide di partire con lui. Una volta al suo paese, Julie rimane impressionata dalla differenza di usi e costumi della sua famiglia. In un primo momento si sente un'estranea, ovviamente, poi pian piano riesce, con l'aiuto di alcuni componenti della famiglia stessa, ad essere accettata quasi come una di loro. Insegna Inglese ad alcune ragazzine e si dà da fare in quella casa come tutte le altre donne. Ibrahim però non ama il suo paese, vuole qualcosa di più per sé e per la sua Julie. Vuole emigrare negli Stati Uniti, ha già qualche suo parente in quel paese così lontano ma così ricco di opportunità per chi si dà da fare. Dopo vari mesi, finalmente riesce ad ottenere i permessi e quando arriva il giorno della partenza, Julie stupisce tutti perché vuole rimanere in quel paesino. Questo di Nadine Gordimer (premio Nobel per la letteratura nel 1991) è un godibilissimo romanzo sulle diversità culturali che si incontrano. E c'è una domanda che secondo me permea tutta la storia dall'inizio alla fine: fino a che punto due culture diverse possono assimilarsi reciprocamente senza entrare in conflitto?
Diego - 05/10/2003 13:31