Negli anni bui della dittatura cesariana, Cicerone ricostruisce la storia di un'eloquenza ormai ridotta al silenzio, e che in passato aveva costituito il principale canale del libero dibattito politico. Il ricordo dell'oratoria presentato nel "Brutus" è quello di tutta una fase della storia di Roma in cui la persuasione era ancora in grado di prevalere sulla forza delle armi. Per delineare questa vicenda, Cicerone poté in parte attingere alla memoria personale e a quella dei suoi maestri, in parte dovette sobbarcarsi al non facile lavoro preliminare di rintracciare i testi di numerosi discorsi, setacciando gli archivi delle grandi famiglie romane: nel "Brutus" la ricerca antiquaria attinge la dignità di una sintesi storico-letteraria di vasto respiro. Al fascino dell'opera contribuisce, oltre alla maturità del gusto critico, la trattazione molto varia, arricchita di piacevoli aneddoti, talora di felicissimi bozzetti. Grazie all'eccezionale talento di critico letterario, Cicerone si sforza di far prevalere - in sostenuta polemica con gli 'atticisti' suoi detrattori - la concezione dell'eloquenza che più gli è congeniale: quella di un'arte la quale, prima che di compiacere intenditori raffinati, si propone di convincere e trascinare larghe masse di ascoltatori; un'arte nella quale il maggiore successo tocca a chi si rivela capace di manipolare le emozioni di un pubblico vasto e composito. A questa edizione del "Brutus" è premesso un ampio saggio introduttivo di Emanuele Narducci, il quale ha curato anche la traduzione e il ricco apparato esplicativo che consente al lettore contemporaneo di orientarsi attraverso la grande selva di oratori menzionati da Cicerone. Testo latino a fronte.