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"Cammino tra le ombre" è scritto come un diario, ma non il diario che registra il progresso di un male incurabile nel corpo dell'uomo che ne è stato colpito. Questo libro è un testo di aforismi sul rapporto tra la creatura sofferente e il suo Creatore. Quasi del tutto priva di dati esterni, scabra, essenziale, severa, la scrittura si confronta con Dio, dapprima in maniera rabbiosa, poi dialettica, nel tentativo di trovare una giustiticazione al dolore, infine quasi acquietata in una rassegnazione che però non si fa mai sconfitta, accettazione passiva. Da queste pagine, da un corpo già quasi disincarnato, proviene una voce. La voce è quella di Giovanni Cenacchi, ma, per certi versi, già non è più sua. E' la voce del fratello che ci ha preceduto. E' la voce che sarà la nostra. E' una voce che, come scrive Enzo Bianchi nella sua risposta, pronuncia parole "dure come pietre e roventi come il fuoco". Più ancora che un eccezionale documento di alto valore letterario, questo scritto è un testo religioso, duro ma necessario, una voce che vale la pena di ascoltare, per la quale vale la pena di lasciare uno spazio, facendo per un attimo il vuoto attorno a noi, sgombrando la mente dal brusio inutile del mondo.
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