La figura di Edipo, perentoriamente richiamata da Freud sul percorso della cultura moderna, viene per lo più connessa col protagonista della tragedia di Sofocle, "Edipo re", nella quale, per altro, i casi dello sventurato personaggio, inconsapevolmente uccisore del padre e sposo della madre, si svolgono, più che sul versante dell'inconscio, su quello, drammaticamente esplorato, del rapporto fra ragione e destino. L'Edipo sofocleo vive autorevolmente il suo ruolo di re e, quando la peste si abbatte su Tebe, egli si pone di fronte al popolo come unica fonte di rimedio, assumendo fiducioso la guida dell'inchiesta che si ritorcerà poi contro di lui. Diverso, pur nell'analogia della trama, appare l'Edipo di Seneca, cui meglio potrebbero applicarsi le categorie psicoanalitiche. Oppresso fin dall'inizio da un oscuro senso di colpa, l'eroe di Seneca non combatte, ma fiancheggia e incrementa la sua rovina. L'antica minaccia dell'oracolo, che in gioventù gli ha preannunciato il parricidio e l'incesto, grava nel profondo del suo io come ossessione non risolta; e la stessa sovranità di Tebe, in cui è incappato dopo la fuga da Corinto, è da lui sentita come responsabilità funesta di potere. Questo Edipo non promette aiuto al suo popolo. Angoscia e impotenza dominano la sua mente, agitata dalla paura. E non a caso sarà proprio l'evocazione dello spettro insanguinato di Laio, il padre accusatore, a determinare l'evolversi della catastrofe. Tragedia della psiche prima che degli eventi, l'"Edipo" dà la misura del talento poetico di Seneca, capace di rendere con gli strumenti propri del teatro il dramma di un'interiorità sconvolta. Testo latino a fronte.