Ghigò

Bonaviri, con questo nuovo romanzo, ci riporta in una storia ora antica e lontana, ora a noi vicina nel rapido mutare delle cose.
Ghigò può essere letto come una commedia in due tempi: nel primo tempo predomina la voce della madre, dolce e suadente, triste e lunare. Il secondo tempo della narrazione s'inalvea, e si illumina, nelle vicende del figlio bambino che, col passare degli anni, diventa ragazzo.
Nei due tempi del libro, che nascono da una società siciliana povera ma pensosa, sono anticipati, come in filigrana, i grandi contrasti di cui l'Italia di oggi si alimenta. Se guardiamo il destino della madre, avverso e divino, in una prospettiva scenografica, lo vediamo immerso in un nero tenebrore, oppure nella fortissima luce di una Sicilia arcaica. Ha davvero la struggente melodia di una cantica solitaria. La voce del figlio bambino, che insegue quella madre palpitandovi dentro come fa il vento nella chioma di un ulivo, alterna, a toni malinconici, come sussurri di un ruscello immerso nel tramonto, atmosfere fantasiose e smagate che appartengono all'anima di tutti i bambini.
Ghigò è davvero lievitato in una lingua essenziale e trasognata che ha la forma imprendibile delle onde di mare che, a ben pensare, ondeggiano, un po' folli, in ognuno di noi.

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