Il reame di Gormenghast ha il suo centro in un agglomerato tirannico con le sembianze di un castello. Qui ogni antica bellezza si รจ corrotta in cupa fatiscenza: le mura sono sinistre "come banchine di moli", e le costruzioni si tengono tra loro "come carcasse di navi sfasciate". E qui, intorno al piccolo Tito, settantasettesimo conte, si muovono la gigantesca contessa Gertrude, la madre, dalle spalle affollate di uccelli e dallo spumoso strascico di gatti bianchi; l'amata sorella Fucsia dai capelli corvini, che col suo abito cremisi infiamma i corridoi grigi; il fanatico custode delle leggi, Barbacane, nano storpio che raggela il sangue con lo schiocco della sua gruccia... Secondo episodio della trilogia iniziata con "Tito di Gormenghast" (Adelphi, 1981).
La nostra recensione
Sono trascorsi circa cinque anni dagli avvenimenti narrati nel primo volume della saga; Tito è ormai un fanciullo di sette anni ed è lui adesso il personaggio principale. Ora è lui che agisce, tutt’attorno a lui si muove la vita del castello, fatiscente simulacro di un potere che si va sgretolando. È Tito a essere chiamato a dettar legge, o almeno così dovrebbe essere, perché il giovane 77° conte di Gormenghast mostra da subito la sua ansia di libertà. Nelle lunghe cavalcate nei boschi e nelle valli che circondano il castello si esprime il segno della sua ribellione a essere il rappresentante e il simbolo di antichi rituali senza senso. Così, snobba la scuola e l’educazione a cui è destinato e si libera alla scoperta di una natura che, a differenza del primo libro, si mostra lussureggiante ed esuberante, luminosa e sfavillante, segnando il contrasto tra la libertà a cui Tito aspira e la lugubre oppressione del castello. Anche la scuola è un’istituzione aggrovigliata e fumosa come tutti i luoghi ufficiali di Gormenghast, con una pletora di professori buffoneschi e strampalati; un insieme nel quale non è difficile ravvisare il modello che può avere ispirato J.K. Rowling per la scuola di Magia di Hogwarts in Harry Potter. Quello che a prima vista potrebbe sembrare un un normale romanzo di formazione, in realtà è tutt’altro. Tito non è un eroe - positivo o negativo - che deve affrontare passaggi decisivi per imparare a crescere. La sua formazione è tutta nel rifiuto di Gormenghast, è nel desiderio di fuga, nella decisione di oltrepassare i confini di quel mondo che tutto soffoca e distrugge. Non a caso la prova cruciale che dovrà affrontare ormai diciassettenne è con quanto rimane del suo passato: quel Ferraguzzo, astuto e cinico, che negli anni ha posto le sue mani sul potere e sui rituali del castello. Gormenghast è un gigantesco affresco visionario che allarga ancora di più il respiro della narrazione, facendo vivere al lettore un’autentica immersione nel sogno, nell’avventura, nell’infinito scontro tra Bene e Male. Antonio Strepparola