In Terra di Lavoro, dalla seconda metà del Settecento al primo decennio post-unitario, l'industria tessile costituiva una delle primarie fonti di sostentamento della popolazione, con la produzione e lavorazione di materie prime quali cotone, canapa, lana e seta. La vita delle persone veniva scandita dal tempo rurale caratterizzato da cicli semina-raccolta mentre la manifattura era un microcircolo infinito di lavoro e non l'appendice delle attività agricole occupando prevalentemente manodopera femminile. La dicotomia della figura femminile, riguardo il ruolo di "attendente alle cure domestiche" e "tessitrice", emerge da dati demografici e statistici del primo censimento della popolazione del 1861 e dall'inchiesta agraria Jacini sulla condizione agricola. L'impoverimento delle colture, il progressivo abbandono delle campagne e il declino della produzione tessile sono tra i fattori che determinarono l'inizio della crisi in Terra di Lavoro. La "questione meridionale" e i grandi flussi migratori sono insomma riconducibili anche alla frenata e inversione di uno sviluppo che aveva coinvolto a vari livelli tutto il Regno delle Due Sicilie. Quella linea di crescita si sposta verso nord, lasciando nella miseria il Sud, quasi come un danno collaterale del "miracolo industriale".