Da Babilonia a Tokyo, da Costantinopoli a New York: straordinari concentrati di relazioni e ragioni politiche, sociali, economiche e militari, le metropoli punteggiano, grandiose, l'epoca storica dell'umanità. Se le grandi capitali del passato suscitano ancora la nostra meraviglia, nell'immensità delle loro dimensioni e ricchezze, il gigantismo di numerose metropoli del presente non soltanto allude ai traguardi raggiunti dalle differenti culture, ma soprattutto richiama la loro esiziale appartenenza a un sistema economico mondiale. Emrys Jones indaga la natura di queste 'supercittà' nel loro percorso storico di lungo periodo, descrive e discute ciò che le rende simili e uniche al tempo stesso, giungendo a ragionare su ciò che ha spinto e continua a spingere molti milioni di uomini e donne a vivere nelle metropoli, a ridosso di contraddizioni anche terribili, fatte di congestione e squallore, disuguaglianze e povertà. Al centro, la ragione 'vera' di questo libro, il problema vivo e bruciante del governo della metropoli, su cui già Aristotele si era pronunciato senza incertezze: "l'esperienza dimostra che una città molto popolosa solo raramente riesce ad essere una città ben amministrata". Ma la misura quantitativa - come sottolinea de Seta nell'introduzione - è di per sé un parametro debole, necessario ma non sufficiente a definire la grande città: occorre seguire Jones nella ricerca di altri valori, relativi in primo luogo ai ruoli e alle funzioni della singola realtà urbana. Ancora, Jones spinge il suo sguardo al futuro, alle alternative che la tecnologia - soprattutto la rivoluzione informatica - porrà all'aspetto, alle funzioni e forse all'esistenza stessa delle metropoli.