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Descrizione
È il dicembre del 2008 quando Timothy Snyder, docente di Storia a Ÿale, contatta Tony Judt, studioso di dottrine politiche e tra i più influenti intellettuali contemporanei, per proporgli una serie di conversazioni intorno alle principali tematiche da lui affrontate in tre decenni di ricerche. Da poco a Judt è stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica, che da lì a un anno paralizzerà il suo corpo senza per questo spegnere la vivacità della sua mente. Per otto mesi i due studiosi si incontrano ogni giovedì nella casa di Judt a New Ÿork per ripercorrere luci e ombre di un passato gravato da guerre, violenze e dittature che rischiano di farne dimenticare le numerose e fondamentali conquiste.
Autoritratto di uno storico innamorato del proprio mestiere
Cosa rimane degli insegnamenti del Novecento? Ecco l´interrogativo da cui muove Judt in questo saggio che ha il suo punto di forza nell´originale intreccio tra vicende collettive ed esperienze biografiche. Mentre ricorda la propria infanzia, Judt, nato a Londra nel 1948 da famiglia ebrea, affronta la questione ebraica nella Vienna dell´impero; richiamando alla memoria gli studi nell´Inghilterra degli anni Sessanta considera le posizioni degli intellettuali inglesi degli anni Venti e Trenta, stretti tra simpatie verso la sinistra e fascino dei totalitarismi; parlando della contestazione del 1968 riflette sulla fortuna del pensiero marxista tra Otto e Novecento. Non mancano interventi su temi "caldi", come la politica di Israele: nonostante le giovanili simpatie sioniste, che l´hanno portato ad arruolarsi volontario nella guerra dei Sei giorni, Judt critica quella che chiama "la dipendenza dall´Olocausto", spesso impiegato come arma per respingere le critiche. Dagli anni Ottanta, Judt rivolge i suoi interessi all´Europa orientale e all´impatto del regime sovietico, che rappresenteranno il suo campo di studi privilegiato. Ma che non gli impediranno ferme prese di posizioni sull´attualità, perché "nessuno studioso è eticamente dispensato dalla necessità di tener conto delle circostanze in cui vive". La responsabilità dell´intellettuale si misura nel far emergere la verità, e capire cosa è accaduto quando quest´ultima è stata nascosta: dall´affaire Dreyfus alla guerra in Iraq.
Judt termina le conversazioni con Snyder nell´estate del 2009 e si spegne il 6 agosto dell´anno seguente. Neppure in questi ultimissimi mesi, però, rinuncia ai suoi articoli di commento su "The New Ÿork Review of Books". Il suo ultimo libro rimane questo magnifico Novecento: una vittoria postuma contro la malattia, un lascito per le giovani generazioni, un congedo al secolo che "comincia con una guerra mondiale catastrofica e finisce con il crollo della maggior parte dei sistemi di credenze dell´epoca: un incessante susseguirsi di sventure umane e sofferenze collettive dalle quali siamo emersi più tristi, ma più saggi".
"I grandi vincitori del Ventesimo secolo sono stati i liberali dell´Ottocento, i cui eredi hanno creato lo Stato sociale in tutte le sue mutevoli forme. Hanno realizzato qualcosa che, sino alla fine degli anni Trenta, pareva quasi inconcepibile: hanno forgiato Stati democratici e costituzionali forti, economicamente interventisti e con imposte elevate, capaci di includere società di massa complesse, senza ricorrere alla violenza o alla repressione.
Tony Judt
"Entrambi, io e Judt, sapevamo che il XX secolo poteva essere capito appieno solo da coloro che sono diventati storici perché hanno vissuto quel secolo e condiviso le sue passioni fondamentali: cioè la convinzione che la politica sia stata la chiave di volta sia delle nostre verià che dei nostri miti." Eric J. Hobsbawm