Per Nazim Hikmet una poesia d'amore non è mai soltanto d'amore. Egli riassume in "amore" i diversi aspetti della propria attività e della propria esistenza. Non sarebbe poeta d'amore se non fosse anche poeta di battaglie e di idee. Lontanissimo da certo lirismo erotico che ha ormai fatto il suo tempo, Hikmet definisce il proprio lavoro come "colloquio con l'uomo", "servizio": partecipazione a tutto ciò che succede nel mondo. La sua forza nasce da un incontro - e da uno scontro - tra culture e modi di esistenza opposti: quello di "suo nonno pascià" e quello europeo, specie nella punta politicamente più avanzata. Partecipe in uguale misura dell'estrema dolcezza orientale e di una certa crudezza di ritmi di tipo occidentale, Hikmet ci mostra due facce della sua natura - lirica ed epica - saldate in un risultato unico: tanto più che la presente scelta di liriche d'amore (ma nel senso assai aperto cui si è accennato) va da un 'rubai' di tradizione arabo-persiana al poemetto scritto per Cuba: 'Uno strano viaggio', dall'"Autobiografia": "Sono nato nel 1902... posso dire di aver vissuto da uomo..." a 'Il mio funerale' datato Mosca 1963.