In pieno Trecento, un vescovo francese si domanda perché gli uomini si ostinino a vivere nella pena e nel tormento del matrimonio credendo di riceverne gioia; perché, nel fiore della gioventù, di loro libera volontà e iniziativa, senza alcuna necessità, infilino l'entrata di una prigione stretta e dolorosa, piena di lacrime, di gemiti e di angoscia, e vi si buttino dentro. Forse "perché noi siamo in questo mondo solo per far penitenza e soffrire afflizioni e mortificare la carne onde avere il Paradiso". Circolato anonimo per alcuni secoli, questo piccolo gioiello della satira, che appare a tratti come una sorta di "manuale del perfetto misogino", si mostra ancora oggi di una straordinaria modernità.