"Bentornato a casa, levantino d'Europa: la dolce vita t'accoglie con la seduzione dei suoi luoghi comuni decadenti. Ma dove sono capitato? O meglio, dove sono ritornato cinquant'anni dopo? A raccontare forse lo splendore agonizzante di un luogo sin troppo favoleggiato, elevato a mito nei racconti dei miei genitori che parlavano l'arabo, l'ebraico, il francese, ma non certo l'italiano, quando mi misero al mondo a Beirut nel 1954? "Questo ritorno al Vieux Pays, come i libanesi emigrati chiamano fra di loro la terra che rimpiangono, è oggi un viaggio sulla frontiera di quel nazionalismo malsano basta con la mescola comunitaria: a ogni terra un solo popolo -che ha stravolto i connotati millenari del Mediterraneo. Sono bastati meno di cento anni perché città-mosaico come Salonicco, Istanbul, Smirne, Aleppo, Haifa, Alessandria d'Egitto, a furia di trapianti, genocidi, pulizie etniche, guerre civili eterodirette, vedessero schiacciata nell'uniformità comunitaria quella che fu la loro ricchezza levantina. Una riduzione della pluralità cui a fatica resiste l'eccezione libanese, per ricordarci attraverso le sue donne bellissime, la raffinatezza dei palazzi e dei cibi, la modernità filtrata d'Oriente, che in futuro sarà sempre più difficile far combaciare Stato e Nazione."