Sei ricco, coniglio Solo per i Soci Bookclub. Scopri

Descrizione

Non se la passa troppo bene l´America di fine anni Settanta, tra crisi petrolifera e inflazione galoppante. Ma inaspettatamente per Harry Angstrom detto "Coniglio" tutto sembra andare per il meglio. Una casa di proprietà, un lavoro sicuro, una moglie che forse ha imparato ad amare, amici e divertimenti quanto basta. A far vacillare la sua sicurezza di quarantenne arrivato sarà prima il ritorno a casa del figlio Nelson, nevrotico studente universitario che insiste per farsi assumere nella concessionaria del padre, seguito dall´incontro con una vecchia fiamma che risveglia in Harry l´irrequietezza di un tempo. Un graffiante ritratto della società americana che affonda il suo sguardo impietoso fin dentro alle pieghe della pelle e della coscienza del protagonista. Come ha giustamente scritto Martin Amis: "Updike ha condotto il romanzo a nuovi livelli di intimità; ci ha accompagnati dalla camera da letto al bagno. È come se nulla di quel che ci rende umani fosse precluso al suo sguardo".

John Updike (1932-2009) narratore, poeta e saggista, è considerato uno dei giganti della letteratura americana del secondo Novecento. Tra le sue opere, oltre al quartetto di Coniglio (Corri, Coniglio; Il ritorno di Coniglio, Sei ricco, Coniglio, Riposa Coniglio) vanno ricordati Coppie, Il centauro, Le streghe di Eastwick, Terrorista.

"La tetralogia di Coniglio è il miglior romanzo americano del dopoguerra." Julian Barnes

La saga di Coniglio nel giudizio di Tommaso Pincio

"Pub­bli­cate nell´arco di quat­tro decenni, le quat­tro tappe della tetra­lo­gia offrono uno spec­chio distorto e però fede­lis­simo della sto­ria recente degli Stati Uniti: un uomo che, nel suo disfa­ci­mento, incarna tutto ciò che il Sogno Ame­ri­cano non dovrebbe essere. Un padre tre­mendo, un pes­simo marito, un man­drillo inde­fesso, un ses­si­sta, un fal­lito, un obeso, un igno­rante. Coni­glio è "un biglietto per vedere l´America che mi cir­conda" disse una volta Updike, aggiun­gendo che quel che vede­vano gli occhi del suo per­so­nag­gio era più inte­res­sante e meri­te­vole di nar­ra­zione di quel che vedeva coi pro­pri occhi, ´seb­bene la dif­fe­renza fosse spesso minima´."

Dettagli