Il movimento delle comunità terapeutiche nasce in Inghilterra subito dopo la Seconda guerra mondiale. A partire dagli anni Settanta si sviluppano in Italia strutture residenziali per l'accoglienza, la cura e la riabilitazione dei soggetti tossicodipendenti e psicotici. Rispetto al panorama internazionale, l'esperienza comunitaria italiana presenta caratteristiche peculiari, anche se si possono individuare riferimenti alle esperienze statunitensi e inglesi. Per esempio, il problema delle tossicodipendenze ha colto impreparate, da noi, le istituzioni pubbliche e la classe medica; anche per questo motivo il movimento comunitario è cresciuto ai margini della vita istituzionale, quando non in un rapporto di aperta contestazione rispetto alle istituzioni. Attualmente le comunità più numerose sono quelle private e alcune di esse sembrano non rispettare i criteri che devono caratterizzare una comunità terapeutica: sono di dimensioni enormi, e quindi difficilmente gestibili, e alcune hanno avuto problemi legali, con capi d'imputazione anche al di là dell'abuso di mezzi di correzione. E' dunque più che mai urgente una riflessione che coinvolga le istituzioni, i legislatori, ma anche gli utenti delle comunità e le loro famiglie e tutta l'opinione pubblica.