Scritta nel 1826, quando Eichendorff - perduto per sempre l'avito castello di Lubowitz, regno incantato della sua infanzia - è costretto a un deprimente impiego governativo, la novella "Vita di un perdigiorno" è l'ultima fiaba in un mondo che di fiabe non vuol più saperne; un sogno lieve e dorato che alla fine scoppia come una bolla di sapone e riconduce il perdigiorno, dopo tante fantastiche avventure e vagabondaggi, alla realtà che duramente preme intorno, la realtà sociale e politica uscita dalla Rivoluzione francese che vede il tramonto del feudalesimo, l'ascesa della borghesia arricchita, l'urbanesimo, l'industrializzazione. Una realtà in cui l'aristocratico Eichendorff non può riconoscersi: nello spazio sospeso della "Vita di un perdigiorno" egli difende contro l'alienazione la libertà semplice e lieta del cuore, mirabilmente espressa nei Lieder, fra i più belli della letteratura tedesca, che adornano la novella. Aggiungendo musica a musica, Schumann ha tradotto in note il primo, con il titolo "Der frohe Wandersmann" (Il viandante felice). Edizione con testo a fronte.
''Vita di un perdigiorno'' è la più famosa fra le opere di Joseph Freiherr von Eichendorff. La si potrebbe definire un ''idillio'' romantico in prosa tanto rasserenante è il clima che la pervade tutta. Il protagonista in effetti riesce molto facilmente a superare le peripezie che gli capitano poichè non c'è nessun orco alla maniera dei fratelli Grimm o nessun sosia malefico come accade nelle opere di ETA Hoffman che sbarri il cammino a questo giovane perdigiorno che si affida sempre lieto e speranzoso al caso e alla volontà di Dio e che alla fine è premiato senza aver mosso un dito. E' un'opera letteraria spensierata per grandi e piccini; ma è proprio la sua eccessiva spensieratezza che, almeno secondo il mio modesto parere, la rende un po' monodimensionale dal punto di vista tematico; se si esclude il fatto che essa rappresenta per l'autore che l'ha scritta un autobiografico, nostalgico ricordo di un mondo a cui egli apparteneva e che ora non c'è più.
Anonimo - 26/01/2008 02:25