Nelle saghe islandesi del XIII secolo si narra che i criminali venissero invitati a scontare la loro condanna nell'entroterra dell'isola, una sorta di pena di morte vista l'immensità di quella terra gelata e desertica. Allontanata dalla sua città natale sulla costa e dai suoi genitori per alcuni furtarelli, una bambina di nove anni viene "esiliata" in campagna, in una fattoria sperduta, dove dovrà svolgere piccole incombenze quotidiane e da cui tornerà quando "la gente avrà dimenticato". I suoi ospiti, l'agricoltore proprietario della fattoria e la moglie, le riservano un'accoglienza piuttosto fredda; e certo la loro figlia, ribelle, inquieta e angosciata da un aborto, non ha tempo da dedicarle. Solo il bracciante che lavora stagionalmente nella fattoria le presta attenzione, spesso varcando i confini tra il paternalismo e un più sinistro interesse sessuale. In quella brevissima estate islandese, la bambina nata e cresciuta in città si scontra con una natura ostile, dura, ben rappresentata da quel cigno che per difendere il suo piccolo uccide davanti a lei un agnello. Sarà il presentimento della legge cruda che governa la natura e la vita degli esseri umani a farle lasciare alle spalle i sogni propri della sua età.