Il libro si concentra sulla "nozione" del Nulla, considerata come originaria, mostrando, genealogicamente, in che senso la cultura costituisca anzitutto una struttura simbolica elaborata dalla coscienza per arginarne la potenza. Ponendo la questione a partire dall'Originario, quindi, l'autore ha inquadrato il rapporto fra Essere e Nulla come una realtà tanto universale da giocare un ruolo decisivo sia sulla "formazione" delle grandi metafisiche dell'Occidente, sia sull'inquietudine - crisi delle soggettività individuali e collettive - tipica del novecento. Parte da qui il tentativo di far emergere l'importanza di una possibile "etica del nulla". Tale tentativo è condotto rapportandosi con alcune delle questioni più significative della filosofia contemporanea e stringendo un serrato dialogo con alcune figure (Nietzsche, Heidegger, Merleau-Ponty, Bataille, Leopardi, de Martino, Gehlen) fra le più influenti sul nostro tempo. Le conseguenze dell'analisi teoretica che investono l'ambito politico sono dunque importanti e numerose: oggi, afferma infatti l'autore, soltanto attraverso una coraggiosa presa di coscienza del Nulla - oggetto di una radicale rimozione già a partire da Hobbes e poi nel corso dell'intera vicenda dello Stato moderno - si potrà pervenire, nel tempo del conformismo globalizzato, all'edificazione di un nuovo spazio per l'"abitare" del mondo da parte dell'uomo.