"Nel mio romanzo Dio si allontana, si allontana dal mondo fino alla riva del silenzio", diceva in un'intervista ad Alain Elkann Francesco Biamonti ormai molto malato, parlando del libro che aveva da poco iniziato a scrivere. E aggiungeva: "Lo sfondo del romanzo è che le fedi morenti spargono più veleno che le fedi viventi". Gli premeva, in quel libro già tutto in testa, mettere in luce "i sensi di colpa e i confronti con le generazioni precedenti. I padri che schiacciano i figli". Ma in un'altra intervista a Manuela Camponovo, sei mesi dopo, confessava: "Non riesco a lavorare molto perché non posso fumare, ma non so come si faccia a non fumare". E ribadiva: "Cerco di raccontare i disastri delle ideologie morenti". Aggiungeva poi un elemento nuovo: "Le donne, che nei miei libri hanno avuto sempre un ruolo importante, qui diventano protagoniste". Quel che resta del disegno che prende forma nelle diverse interviste è un brevissimo racconto d'amore. Qua e là, tra le righe, solo una debole traccia delle fedi morenti, dei conflitti generazionali. Eppure nelle 29 cartelle dattiloscritte che Biamonti ha lasciato sul suo tavolo c'è in nuce tutto il libro: s'intravedono le traiettorie potenziali, ma a sorprendere è soprattutto il fatto che la storia raccontata disegna una parabola esatta. Sullo sfondo di un paesaggio franco-ligure che consola e ferisce, colmo com'è di "cose distrutte, altre in via d'estinzione", un uomo e una donna s'incontrano, si scambiano parole fonde, pietrose, calde, tentano una vicinanza impossibile. Edoardo ha passato la vita sul mare sognando la terra; Lisa, donna bellissima e ambigua, ha perso il marito terrorista a vent'anni e ora dedica tutte le sue cure all'amica Hélène, intimamente malata. Una serata in un locale trasgressivo sembra siglare per i due amanti la fine della loro storia, ma forse è stata solo una falsa partenza. La chiave dell'intreccio dei loro destini se l'è portata con sé Biamonti, per sempre.