Non c'è oggi analista che neghi la fecondità di quel modello teorico, fondato sui concetti di Io, Es e Super-io che fu introdotto nel 1922 da Freud con l'opera "L'Io e l'Es" e prese il nome di teoria strutturale. Di là si è sviluppata una parte cospicua della psicoanalisi moderna, ad esempio tutto ciò che oggi chiamiamo l'analisi dell'Io e l'approccio terapeutico alle nevrosi del carattere. Nonostante la generale accettazione del modello strutturale, la natura e la portata delle sue implicazioni per la teoria e la pratica psicoanalitica non sono state ancora valutate esattamente. Soprattutto, non sono state comprese a fondo le differenze tra la teoria strutturale e l'altra teoria precedentemente enunciata da Freud (1989), detta topica, fondata sui concetti di inconscio, preconscio e conscio. Traendo spunto proprio dall'insoddisfazione di Freud per certi aspetti del modello topico, che alla fine lo indusse a formulare un secondo modello, gli autori cercano di dimostrare che le due teorie sono reciprocamente incompatibili e che l'uso promiscuo che spesso se ne fa è scientificamente dannoso. Essi spiegano che i concetti strutturali sono più validi e più aderenti ai dati clinicamente osservabili che non il modello topico. Non c'è nulla, affermano, nella teoria topica che non possa essere spiegato in modo più soddisfacente da quella strutturale. Poiché investe un tema fondamentale della psicoanalisi, il conflitto psichico inconscio, una scelta così esplicita da parte dei due tra i più noti psicoanalisti americani ha già suscitato un ampio didattito.