In un momento di relativa calma per il Paese, i Servizi segreti inglesi diffondono un dispaccio: "Il nostro timore - lo abbiamo comunicato nel fine settimana a tutte le stazioni - è che i terroristi possano avere intenzione di utilizzare un 'invisibile'". Nel gergo della CIA, un 'invisibile' rappresenta il peggior incubo per i Servizi segreti: un terrorista che grazie alla sua appartenenza etnica e alla sua nazionalità (quella del Paese bersaglio) può attraversare indisturbato le frontiere, muoversi senza destare sospetti e infiltrarsi facilmente nelle istituzioni. La presenza di un invisibile sul territorio della Gran Bretagna multietnica è la peggiore delle notizie possibili. Per Liz Carlyle, giovane membro dell'MI5, il dispaccio rappresenta l'inizio di un'operazione che la spingerà fino al limite, la metterà alla prova e trasformerà la sua vita in una pericolosa lotta per la salvezza del proprio Paese. La minaccia di un imminente atto terroristico è concreta e reale, ma un fitto mistero avvolge sia la natura dell'obiettivo che l'identità dell'invisibile. E mentre la lotta contro il tempo si fa serrata, l'intuito di Liz e la sua capacità di penetrare nella mente del nemico saranno le uniche speranze di riuscita. In un thriller pieno di inquietanti premonizioni, che segna la nascita di un'autrice sorprendente, Stella Rimington usa la sua grande esperienza di capo dei Servizi segreti (prima donna nella storia) per tratteggiare uno scenario cupo e possibile, tanto possibile da aver anticipato di un anno gli attentati alla metropolitana di Londra del luglio 2005.
Il libro d'esordio della ex direttrice dell'MI5, i servizi di controspionaggio inglesi, si colloca nel genere del thriller d'azione, come ''Il 4 protocollo'' di Frederick Forsyth, poiché, almeno inizialmente, la trama di ''A rischio'' ricorda quella del libro di Forsyth.
L'aspetto che ho trovato più interessante è stato l'indagine psicologica per cercare di entrare nelle menti dei terroristi. Per cercare di anticiparne le mosse, ma anche per creare nei loro confronti una sorta di pressione ''quello che voglio è che cominci a sentirsi sotto pressione ventiquattro ore su ventiuattro: ad avere la sensazione di non potersi più permettere di riposare, di fermarsi, nemmeno di pensare''.
Emozionante e tragico, il finale, nel quale si arrivano a capire le vere motivazioni del gesto terroristico, da parte di Faraj: è sangue che richiama altro sangue e che Liz descrive con le parole del poeta latino Tacito ''fanno il deserto, e poi la chiamano pace''. L'autrice traccia un quadro cupo e inquietante, come solo una persona con le sue conoscenze nel campo dei servizi: ma anche un quadro molto reale, come i recenti attentati del luglio 2005 a Londra hanno dimostrato.
Aldo Funicelli - 03/11/2005 13:39