Per guarire la sua spensieratezza gli proponevo mille quesiti domestici da risolvere; per farlo uscire dalla sua fatuità gli facevo sfilare dinanzi una processione di fantasmi dell'avvenire. Non riuscii a nulla, nemmeno a seccarlo. Egli continuava a passare press'a poco il giorno al Caffè, la notte al Circolo.
Una carezza fredda, un bacio di gelo, una sfuriata di ciancie sul cavallo balzano del contino, sul calesse nuovo del banchiere, sul prossimo duello, sull'ultimo spettacolo alla Scala, sulla prima ballerina, sui polsini del marchese X, che erano, diceva lui, meglio stirati de' suoi.... e quando aveva finito si addormentava col sorriso del giusto sulle labbra.... Ho resistito un pezzo; mi parve prima scipito, poi ridicolo e finalmente odioso.
L'altro ieri mi trovò in lagrime; bisognava sentirlo: «è una vittima, ha il cuore sensibile, e non può soffrire le lagrime; a me non manca nulla, io sono un'ingrata, il poveretto non domanda che la sua pace e le sue care abitudini, io sono padrona di fare quel che mi piace, ho una casa ora ed egli me l'ha data perchè io vi sia libera, ma lasci lui libero.»
- Non sono un egoista - disse egli.
- Non sei un egoista - diss'io - sei uno stolido.
Leonardo è uomo flemmatico, girò sui tacchi e via... al Caffè od al Circolo.
E poc'anzi, quando l'ho preso di fronte e gli ho domandato perchè mi avesse sposato, mi ha risposto ingenuamente che «allora gli piacevo e che credeva di fare un'opera buona.»
È anche un uomo schietto Leonardo!
- Senti, gli ho detto, questa vita non la posso e non la voglio più vivere, la legge ammette la separazione per incompatibilità d'umori, ed i nostri sono incompatibili.
E gli mostravo il mio secondo codice, comperato ieri l'altro.