Dopo l'eccellente esordio nel 2013 con Una posizione scomoda, Francesco Muzzopappa torna con un nuovo, esilarante romanzo.
Algida, sarcastica e decisamente snob, la contessa Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, discendente diretta dell'ultimo grande casato torinese, potrebbe trascorrere le sue giornate addentando deliziose frolle fresche di pasticceria e sorseggiando coppe di champagne millesimato. Si ritrova invece a mangiare Gocciole e pessimo gelato da discount per colpa di una crisi economica che ha colpito persino la sua famiglia, costringendola a vendere proprietà, pignorare mobili e decimare il personale. A servizio, ormai, è rimasto solo Orlando, maggiordomo con la forte passione per le poesie di William Blake, devoto e sempre presente. Nel momento in cui un'intera generazione di trentenni cerca di rottamare la gerontocrazia al potere, Emanuele, il figlio della contessa, tanto bello quanto cretino, concorre a prosciugare il misero conto in banca di famiglia portando il casato al collasso. Prossima ormai alla bancarotta, Maria Vittoria decide di salvare il suo patrimonio e la sua villa. Per riuscirci è disposta a tutto, persino a organizzare un sequestro di persona. Il suo.
Per Affari di famiglia l'autore si è rifatto a molti classici dell'umorismo di tradizione anglosassone tra cui, ovviamente, P.G. Wodehouse. Per creare questa sua nuova protagonista è passato anche per Alan Bennett, Patrick Dennis, David Sedaris, Tom Sharpe, ha rivisto quasi tutti gli episodi di Tre nipoti e un maggiordomo, e ha riletto autori come Achille Campanile (con Il povero Piero su tutti) e Marcello Marchesi.
Con la figura dell'anziana contessa protagonista, Francesco Muzzopappa si conferma scrittore di razza, capace di dar voce a personaggi e stili diversissimi, per storie dal ritmo sincopato con colpi di scena continui.
«Affari di famiglia è una piccola tempesta di saette divertenti, battute gustose, scene da umorismo inglese che raramente punteggiano la nostra letteratura. Nel taglio algido e corrosivo dell'ambientazione c'è molto P.G. Wodehouse, mentre l'umorismo colto e raffinato ricorda Evelyn Waugh. Di certo, qui si ride molto».
Roberta Scorranese, «Corriere della Sera»
«Un concentrato di comicità nella più pura tradizione inglese, tra Wodehouse e Sharpe».
«Libero»
«Dialoghi surreali con notevole verve comica».
«Gioia»
«Ci sono delle note di humour inglese in questa commedia satirica che inizia come un vaudeville, in particolare per come prende le parti delle donne».
«Libération»