Gabriele e Giuseppe fanno parte della banda degli otto, che "agisce" nel cortile di un palazzo di edilizia popolare in un paese alle porte di una grande città. A dispetto delle dimensioni, lo spazio si rivela un mondo pulsante dove fioriscono i comportamenti tipici di ogni consesso umano: l'amicizia, le liti, le alleanze, le tensioni, la solidarietà e i disaccordi. Gabriele e Giuseppe si perdono di vista alle soglie dell'adolescenza. Si rincontrano, adulti, dopo percorsi di vita molto diversi. Nello scenario della grande città distratta e frettolosa, hanno a disposizione un solo giorno per recuperare frammenti del loro passato, ma soprattutto per chiarire un episodio tragico che li aveva visti protagonisti da ragazzi.
Possiamo dividere il nuovo libro di Raffaele Mangano in due parti distinte.
Una puramente letteraria, in cui lo scrittore narra le vicende della banda degli otto più uno, senza interferire con la storia (e così facendo mostra una capacità non comune a molti scrittori). L'altra puramente poetica. I dialoghi del tarello e del caciarùn, una volta che abbandonano i soprannomi che li hanno accompagnati nell'età della fanciullezza, sono ricolmi di poesia e romanticismo.
L'uomo letterato e arrivato, incontra l'uomo "provato" dalla vita e dai sensi di colpa (forse perché troppo sensibile per affrontare questo tipo di esistenza). I discorsi dei due amici ritrovati, fanno emergere quel dualismo sul quale sono stati costruiti romanzi classici e meno classici. In questa parte del romanzo sembra che lo scrittore abbia il desiderio di mostrare le due facce di sé. Una composta, consapevolmente istituzionalizzata e per questo un po' incazzata, e l'altra fuori da quegli schemi rigidi, in cui finisce la maggior parte dell'umanità. Dispiace solo che anche in quest'opera la parte irrazionale e poetica sia destinata a soccombere, precorrendo i termini. Ma in fondo, non è proprio quello che succede nella nostra vita?
Gianluigi - 18/02/2006 10:19