I cinque racconti riuniti sotto il titolo "Autobiografia di Irene" appaiono nel 1948, a Buenos Aires. All'epoca, Silvina Ocampo ha già firmato insieme all'amico Jorge Luis Borges e al marito Adolfo Bioy Casares una celebre "Antologia della letteratura fantastica". Una collaborazione destinata a divenire prestigiosa e ad assumere l'importanza di un manifesto letterario, che annunciava e promuoveva il salutare irrompere dei precisi congegni del fantastico nei mondi narrativi del Novecento. Entro questo programma sono i racconti di "Autobiografia di Irene", che a quei congegni obbediscono, ma non vi si adeguano con rispetto incondizionato. Quasi che Silvina Ocampo avesse agito su certo armamentario ottocentesco, correggendone le suggestive menzogne, mettendone impietosamente a nudo le consuete figure cifrate. Come nel caso di "L'impostore" - il testo più rappresentativo, quasi un breve romanzo - che si struttura nella ripresa del tipico tema del 'doppio'. Ma qui ogni elemento soprannaturale si scopre estraneo all'intreccio narrativo, che sembra invece voler illustrare i percorsi di una mente colta da doloroso disagio, divenuta incapace di rassegnarsi alla realtà. Così che, lungo le linee di modi e temi suggestivi ma ormai esangui, prende a circolare vivace la nuova sensibilità del Novecento. (Angelo Morino)