Una start up bolognese scova su Internet un brevetto del 1926. Riguarda un materiale identico alla plastica, ma naturale al 100% e totalmente biodegradabile. L'azienda si chiama Bio-on; la bio plastica è il PHA, derivato dalla fermentazione di scarti vegetali zuccherini ad opera di batteri: un sogno per il Pianeta, soffocato dalla "sporca" e indistruttibile plastica derivata dal petrolio. I fondatori Marco Astorri e Guido Cicognani comprano il brevetto con un rocambolesco raid fino alle Hawaii, lo sviluppano, iniziano a produrne piccole quantità scoprendone via via le proprietà innovative e dirompenti. La notizia fa il giro del mondo e Bio-on, quotata in Borsa nel 2014, diventa il secondo Unicorno italiano capitalizzando 1,3 miliardi di dollari. Ma la mattina del 24 luglio 2019 compare su YouTube un video che la definisce "un bluff", una "seconda Parmalat". Il titolo tracolla, gli investitori scappano, la Procura apre un'indagine e dopo poco incrimina i fondatori per reati finanziari. L'azienda fallisce, anche se il processo è appena iniziato. L'ennesimo scandalo italiano, o un giallo tutto da svelare?
Libro magnifico, uno tra i più interessanti che io abbia letto nell'ultimo periodo. La storia che si cela dietro il fallimento di Bio-on supera i limiti della semplice inchiesta giudiziaria e ci spinge ad interrogarci su questioni etiche e morali molto più profonde. Gli interessi finanziari dietro alla produzione della plastica sono troppo elevati per favorire lo sviluppo e la diffusione di una plastica 100% biodegradabile. Ciò che dovremmo tutti capire è che non importa quanto denaro abbiamo se non avremo un pianeta su cui vivere!! Spero che Bio-on riesca a risorgere dalle sue ceneri e a riprendere al più presto la produzione.
chiara_0505 - 19/02/2024 15:44