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E poi arrivò l'industria

Andrea Francesco Zedda
pubblicato da Donzelli Editore

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Ottana, ai piedi della Barbagia di Nuoro, è un paese povero, di una povertà estrema, calato in un territorio ostile, infestato dalla malaria, dove i bambini si divertono «a saltare da una parte all'altra del fiumiciattolo», come ricorda uno degli abitanti intervistati, e la gente si aiuta come può, tentando di sopravvivere e di combattere la fame. Ma c'è un grande equilibrio in questa situazione, la stabilità e la «tranquillità» di chi, in un certo modo, è venuto a patti con l'ambiente in cui è collocato. Tutto questo fino agli anni sessanta. Poi qualcosa cambia. La modernizzazione la riforma agraria, l'industrializzazione sconvolge questo equilibrio e fa saltare questo patto di sopravvivenza, facendo di Ottana il caso emblematico della breve durata della rivoluzione industriale in Italia. Tra il 1969 e il 1974 la Sardegna vive infatti una seconda fase di industrializzazione, successiva a quella che aveva interessato Porto Torres, Assemini e Sarroch. Al centro del maestoso progetto statale, inserito nel Piano di Rinascita della Sardegna e finanziato dalla Cassa per il Mezzogiorno, è la realizzazione di uno stabilimento chimico a Ottana. Il percorso etnografico delineato da Zedda che non intende inserirsi nel dibattito sulla visione predatrice dell'operato industriale nell'isola si snoda lungo quegli anni, attraverso narrazioni autobiografiche, interviste e un ricco apparato iconografico e documentale che fanno emergere la profonda lacerazione prodotta dalla discesa dell'industria sui territori rurali. Dalla povertà estrema al benessere, fino alla grande dismissione delle fabbriche e di conseguenza la desertificazione del paesaggio di Ottana, che coinvolge anche l'abitato , in queste pagine è rielaborata la complessa relazione tra tempo e identità, fra Stato e alterità, a dimostrazione di come il passato e la memoria siano capaci di trovare nuovi modi di essere attivati e reinventati a seconda delle esigenze dell'attualità.

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