Partendo dalla descrizione di quei processi che tutto piegano alla dipendenza del mercato, l'autore propone un agire politico 'in allegria', che valorizzi quel modo d'essere proprio dell'esistenza umana che è la socialità, che riattivi i circuiti dell'incontro, del ritrovo, della comunicazione e del dialogo. Una politica dunque che, per combattere la dittatura del mercato, non ricada nella logica autoritaria dello statalismo, ma riscopra il valore centrale del legame sociale. Ne discende anche una nuova riflessione sul Meridione visto, fuori dalla vecchia contrapposizione tra arretratezza e sviluppo, come laboratorio di una trasformazione radicata nel territorio e nel suo tessuto sociale.