Messico, XIX secolo. In un mondo lacerato dalle lotte tra europei e indios, anche il meticcio Juan Rios lotta per l'indipendenza della sua terra. Discendente di una stirpe di guerrieri aztechi, si salva dalla schiavitù nelle miniere d'argento di Guadalajara grazie al suo talento per le armi da fuoco. Nonostante sia solo un peon, Juan ha appreso dallo zio spagnolo, un bizzarro frate dedito più al vino che alla preghiera, tutti i segreti per la preparazione della "polvere nera", ed è ben presto diventato un alleato prezioso per i ribelli guidati da Vicente Guerrero, che di nascosto rifornisce di armi. Sulle rive del lago di Chapala, nessuno sospetta della sua doppia vita, nemmeno Maria, la revolucionaria senza paura che gli ha infiammato il cuore. Ma proprio durante una consegna ai rivoltosi, Juan viene scoperto dagli uomini del Viceré spagnolo, e per salvarsi è costretto alla fuga. E solo l'inizio di un incredibile viaggio, che lo condurrà sulla rotta di feroci pirati asiatici, cannibali e trafficanti di spezie, fino alle terre lontane di Hong Kong e Manila. Per riportarlo nel suo paese alla vigilia di cambiamenti che ne segneranno irrimediabilmente la storia.
A parte che non capisco come ancora, dopo 10 anni dalla sua morte, escano libri di Jennings, quest'ultimo mi sembra ormai lontano da L'Azteco.
Sembra costituito da frammenti di trama messi assieme da un filo che riesca a condurre in porto una narrazione.
La costante sono i personaggi, un po' troppo improponibili.
Il protagonista sembra addirittura dotato di capacità poco meno che miracolistiche.
Di bello ho trovato l'ambientazione nel Messico dell'inizio del XIX secolo, però non mi è piaciuto la parte relativa al soggiorno asiatico.
Anonimo - 09/03/2011 14:37